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Il premio Nobel, quello vero, glielo avevano dato nel 1997 ma la prima candidatura era del 1975. Quando gli era arrivato il riconoscimento più importante per la letteratura qualcuno in Italia si era scandalizzato. Non era solo invidia era la paura che un riconoscimento al genio irriverente scardinasse logiche antiche e oramai un po’ ammuffite. Ma da Dario Fo non era arrivato nemmeno uno sghignazzo. Lui che da sempre aveva calpestato il lato scomodo della strada con le sue opere.
© Per conoscere il copyright di questa foto cliccare sull’icona informazioni È morto Dario Fo, il sommo giullare
Drammaturgo, regista, scrittore, pittore, agitatore culturale e pure candidato alla Presidenza della Repubblica in 90 anni Dario Fo non si è fatto mancare niente. Né il successo né le polemiche. Perché ogni sua opera era una polemica. Da «Mistero buffo» a «Morte accidentale di un anarchico», scritta di getto dopo la strage di piazza Fontana per non dimenticare Pino Pinelli, l’anarchico - lui sì, innocente - caduto dalla finestra al quarto piano dell’ufficio del commissario Calabresi alla Questura di Milano. Anni dopo quasi a voler infangare la sua storia gli ricordarono quando indossò la divisa della Repubblica di Salò: «L’ho fatto solo per non essere deportato in Germania».
Ogni polemica, ogni successo, lo vedeva sempre accanto alla bellissima Franca Rame, attrice e tanto altro. Entrata pure in Senato con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Una delle tante tappe di questa coppia di sinistra che incarnava ogni mal di pancia della sinistra libertaria. Di cui si ricordano le battaglie a sostegno di Adriano Sofri nel processo per l’omicidio del commissario Calabresi. E l’avvicinamento ultimo al Movimento 5 Stelle. Sempre accanto a Franca Rame, uniti nella vita e pure adesso.