menti in fuga - le voci parallele

menti in fuga - le voci parallele / menti critiche / @Giovanni_Dursi / Atomi reticolari delle "menti critiche", impegnati nella trasformazione sociale e "messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale"

lunedì 12 marzo 2018

Nero – Dramma in provincia. Giancarlo Giuliani racconta

Il nuovo social thriller di Giancarlo Giuliani con la non troppo amata Pescara attuale sullo sfondo

Giancarlo Giuliani, è nato a Pescara in anni troppo lontani per essere citati”, mi dice con consueta letizia in grado di contagiare l’umore e rasserenare, guardandomi dritto negli occhi con iridi grigioazzurre altrettanto sorridenti che comunicano energia ed intraprendenza.
I suoi limpidi occhi esprimono la sua filosofia di vita di scrittore, poeta, letterato, grecista, latinista, cultore infaticabile di lingue e letterature straniere contemporanee, traduttore, saggista, esperto d’editing editoriale, insegnante di Lettere e di scrittura creativa presso i Licei, scopritore infaticabile di giovani talenti autoriali.
Pur risiedendo nel capoluogo adriatico, non ha mai reciso il profondo legame con l’Aquila, martoriato centro dell’entroterra appenninico, che frequenta assiduamente, non disdegnando di recarsi dovunque possa saziare la sua fame di esperienze.
Durante gli anni del Liceo viene segnalato per le sue abilità nella scrittura. Un piccolo volume di poesie esce quando aveva 12 anni. Viene da famiglia benestante. Si laurea in Lettere classiche (vecchio ordinamento) all’Università D’Annunzio di Chieti con il massimo dei voti e la lode. Discute una tesi in Sociologia dell’Arte. Durante gli anni dell’Università si appassiona alla lotta politica e si avvicina a Lotta Continua. Consegue l’abilitazione all’insegnamento in Lettere classiche, vincendo cattedra in Concorso nazionale. In precedenza, aveva conseguito l’abilitazione in Lettere per la scuola media, sempre con il massimo punteggio. Dopo aver insegnato Fotografia e grafica nei corsi professionali della Regione Abruzzo, intraprende l’insegnamento nei Licei, ininterrottamente, dal 1979 al 2014.
Giancarlo è marito di Annarita, che condivide le idee politiche di fondo. Laureata in Filosofia, ha nutrito passione per il vecchio PCI, non essendo convinta delle modalità di lotta dei gruppi extraparlamentari. Si possono immaginare le lunghe discussioni familiari.
L’incontro con Giancarlo Giuliani, intellettuale e scrittore, è occasione ghiotta, degustando insieme un ottimo caffè, per comprendere meglio il perché si stia dedicando, nelle sue ultime prove letterarie, dopo originali, suggestive opere narrative e poetiche, ai temi della criminalità e situazioni appartenenti alle mutevoli e indecifrabili condizioni di vita del nostro tempo. Infatti, a Gennaio di quest’anno, Giuliani pubblica “Nero – Dramma in provincia” nella collana “Giallo” delle Edizioni Tabula fati (Chieti, pagine 160, € 13), presentato Venerdì 16 Febbraio presso la sala Figlia di Jorio del Palazzo delle Provincia di Pescara.
Con quale termine si può opportunamente indicare l’ultima opera di Giuliani ? Espressione della letteratura poliziesca? Sembra, leggendo il romanzo, riduttivo. Confacente pare descriverlo con una «etichetta» non specifica; in effetti, la narrazione di Giuliani abbraccia tutte le tipologie di questo genere letterario – spesso fra loro molto diverse: mystery, procedural, legal thriller, spy-story, hard-boiled ecc. – che nei paesi di lingua anglosassone viene denominato thriller, detective o crime novel, in quelli di lingua tedesca kriminalroman, francese noir o polar, spagnola novela negra. Come è stato correttamente detto, l’avvincente trama, propone “la vita di una tranquilla città di provincia sconvolta da una serie di omicidi, opera di un insospettabile serial killer; dalla fabula, presentata all’inizio dal punto di vista del killer, si scivola presto verso un’analisi delle radici di scelte così estreme. Il libro è la rappresentazione delle parti non conciliate di ciascuno di noi, delle cause dei nostri disagi, nel momento in cui esse emergono con forza e spingono a comportamenti solo apparentemente aberranti”.
Nel presentare questo genere di libri, certo, non va commesso l’errore di svelare, non bisogna cadere nella tentazione di descrivere oltremisura. Tuttavia, il libro in questione – che a noi piace definire social thriller – è una scoperta e – va detto con franchezza – non solo nel genere “giallo”, mediante le rivelazioni e i colpi di scena che, susseguendosi con andatura incalzante, nella loro concatenazione in tre capitoli (“Bisturi”, “L’ombra di N.” – già pubblicati autonomamente ed ora rieditati in “Nero”– e “Il ritorno di Gaia”) divengono fondamentali per il coerente sviluppo della trama.
Il disegno narrativo, in realtà, fin dalle prime pagine, svela una seconda dimensione, incuriosendo ulteriormente il lettore, perché penetra con efficacia – attraverso sublimi pennellate retoriche – nell’antropologia d’una relazionalità provinciale, quella pescarese nella fattispecie, assimilabile, nel “male”, ai non-luoghi metropolitani della contemporaneità globale.
L’impianto del romanzo, senza smarrire la lucidità scenografica, si apre al realismo sociale (le allusioni sono, da un lato, all’opera pittorica di Lorenzo Viani, 1881-1936, dall’altro al legal thriller “La grande truffa” di John Grisham, edito da Mondadori, da Gennaio nelle librerie) con l’ideazione di approfonditi elementi psicologici e culturali dei protagonisti che captano dalla cronaca omicidiaria pescarese di questi tempi interessanti prototipi. Con l’ambigua e carsica reciprocità dei contegni dei personaggi, Giuliani ci restituisce un vitale affresco delle miserie umane e di un’etica individuale che da esse, caparbiamente, risorge, quasi che la degenerazione, in alcune persone, incontrando forme di vita “istituzionali” e un “dover essere”, assuma sembianze di mani tese per il riscatto.
Come afferma con cura Maria Elena Cialente, a proposito di “Nero”, «c’è un elemento di raccordo che accomuna la vita dei protagonisti di Nero, un fil rouge che va oltre la linea di sangue lasciata dal bisturi di Marco Naldi e di Gaia Altieri, così come da alcuni personaggi secondari: il dolore. Un dolore sordo, rancoroso: il dolore della perdita, delle aspettative tradite, della violenza ancor più atroce e ingiustificabile se agita da chi, al contrario, avrebbe dovuto proteggere. Ma è anche un dolore morale, che nasce dalla sete di giustizia, dal bisogno di ricomporre in una struttura più accettabile e comprensibile, le dilanianti incongruenze del mondo, dal tentativo di addomesticare in qualche modo il male, anche qui spesso concluso nel cerchio della sua ottusa banalità. La sete di vendetta accomuna i personaggi la cui condotta può suscitare sdegno nel lettore, ma anche un ufficiale di polizia che non riesce più a domare il fantasma che lo strazia dentro: la frustrazione dovuta al continuo procrastinarsi di una giustizia che tarda a manifestarsi diventa metafora dell’universale impossibilità di ricondurre la vita ad una sequenza di fatti comprensibili e, in qualche misura, accettabili. E in questo “pasticciaccio” di gaddiana memoria che è la vita, il “giallo” si pone come strumento gnoseologico e di ricerca di un ordine. Tuttavia in “Nero”, con disincantato distacco, il narratore ci chiarisce da subito chi siano i responsabili e forse anche le loro motivazioni: il gomitolo aggrovigliato che lega i delitti efferati si dipana dinanzi agli occhi del lettore con armoniosa chiarezza. Il narratore onnisciente, che sa più dei suoi personaggi, lascia solo il commissario Giorgi dinanzi al mistero del movente. Ma il lettore è davvero tranquillizzato dalle spiegazioni fornite? C’è veramente un modo per rendere comprensibile e accoglibile nella dimensione dell’umano il male, sia pur frutto della sete di giustizia? Giuliani sembra lasciarci soli dinanzi a questi interrogativi: Marco Naldi si riduce ad una creatura fragile e indifesa che sarà sacrificata dalla donna che crede di amarlo; Gaia Altieri, la cui bellezza è solo apparentemente stridente con il gorgo nero che si trascina dentro, vive la sua stessa bellezza come una dannazione. Donna fatale e strega, Gaia non avrà la consolazione del riscatto e del risarcimento affettivo a cui in realtà ambisce, perché privata anche dell’unico, vero bene in cui le sia capitato di imbattersi dopo l’incontro con Ludovica. Ma Gaia Altieri non avrà neanche l’opportunità di redimersi e pentirsi, di fare del luogo di reclusione uno spazio in cui finalmente confrontarsi con il mostro che, come in ognuno di noi, le si dibatte dentro. Romanzo avvincente, capace di inchiodare il lettore fino all’ultimo rigo, “Nero” è una storia di solitudini che si incontrano senza riconoscersi e illuminarsi: un tentativo di discesa nelle paludi tetre e maligne dell’animo umano da cui non si fa ritorno senza la guida di quella ragione e di quella capacità di empatia che, seppur sotto scacco, si pongono come unici strumenti di riduzione del mondo e della collettività a qualcosa di quantomeno tollerabile».
Avviamo il dialogo.
Gentile Giancarlo, puoi parlarmi della tua formazione professionale, quali sono e come sei arrivato ad acquisire le tue competenze?
Mi chiedi una risposta impegnativa. Tutto in realtà ha avuto inizio quando, avevo 6 anni, mio padre mi arredò la stanza con due pareti a libreria, piene di libri. Non disse nulla, non diede prescrizioni. Un giorno mi trovò seduto a terra mentre strappavo pagine illustrate da un prezioso (sul momento ovviamente non me ne rendevo conto) volume sui miti germanici. Invece di inquietarsi, si sedette a terra vicino a me e mi aiutò a strappare le pagine che volevo poi conservare. Fu quello il momento in cui cominciai a trovare familiari i libri. Ben presto sono diventato un lettore direi vorace.
La scelta degli studi classici e l’interesse per la Sociologia vanno di pari passo con la passione per l’Astrofisica: fin da relativamente piccolo non ho mai concepito barriere tra le varie branche della cultura.
Dove vivi e lavori?
Vivo a Pescara, città che ben poco amo, e lavoro, adesso che ho lasciato l’insegnamento, come editor e consulente di alcune case editrici.
Leggendo alcune tue opere letterarie e poetiche, s’avverte la sensibilità artistica, coniugata ad una solidissima erudizione, tale da generare un’esaltazione della parola e dell’immaginario narrativo; quale delle due attività che ti sono proprie – l’insegnamento e la scrittura – prevarrà sull’altra ? Oppure saranno sempre complementari?
Viene subito da dire “complementari” e probabilmente è così. Ma alla radice di tutto c’è il fatto che concepisco la cultura come condivisione. Se dalla vita ho, senza presunzione spero, avuto il dono della cultura, considero mio dovere aiutare chiunque ne abbia voglia a trovare la propria strada. Di qui la scelta dell’insegnamento, dopo aver considerato la via della vita politica in gruppi extraparlamentari.
Come è nata l’idea di realizzare “Nero – Dramma in provincia”, che poi non è romanzo del tutto nuovo, considerando “Bisturi” e “L’ombra di N. – Radiodramma in 26 quadri” (2015) che sono una sorta di prologo, editi entrambi per Tabula fati?
Per caso, credimi. Non avrei mai pensato che la mia scrittura potesse prendere anche questa direzione. Ho letto un ponderoso volume, in americano, sulla “mente” dei serial killer e ho pensato che, nel solco del mio interesse per la natura umana, potesse essere interessante costruire delle storie sull’argomento.
Dopo le impegnative e riuscite prove di poesia (ricordiamo, tra le ultime raccolte, “Nel mio regno non vi sono filosofi“) e dei romanzi storici “Diospolis. Una storia del VI secolo a. C.” e “Nemesis. Una storia del tempo antico”, come mai la scelta della letteratura poliziesca – ut ita dicam – e di un aggancio a temi sociali e psicologici per raccontare tragedie umane che sono prodotte nella vita di relazione, spesso nascondendo la piena trasparenza delle personalità in gioco?
È un po’ quello che ho detto prima: non pongo limiti di alcune genere, così ritengo che occorra considerare tutti i lati della natura umana, anche quelli più oscuri. Inoltre, a ben rileggere “Diospolis” e “Nemesis”, si potrebbe notare che i lati cosiddetti oscuri dell’animo umano sono affrontati anche in quei due romanzi, sia pure con la distanza data dall’ambientazione.
Non piazzo barriere tra la realtà sociale, in tutte le sue dinamiche e l’apprezzamento per le libere forme d’espressione culturali quali l’arte, la letteratura, il teatro, il cinema che portano luce e conoscenze, a volte sublimando le tangibili vicende umane ascendendo a grande altezza morale e spirituale; ritengo che occorra considerare tutti i lati della natura umana, anche quelli più oscuri; la scrittura si presta a questa dialettica realtà-immaginazione, la prima, caratterizzata soprattutto per la varietà dei temi, la seconda, con variegate scelte formali, che permettono di declinare in modi diversi il richiamo alla realtà; le possibilità espressive sono davvero tante.
Diventato di uso comune a partire dal 1929, anno in cui Lorenzo Montano e Luigi Rusca diedero vita, per Mondadori, alla collana «I Libri Gialli» il termine thriller può essere riferito a “Nero – Dramma in provincia” oppure non contiene tutto della narrazione; meglio designare questa creazione con ciò che appare, avvinti dalla trama, l’intento dell’autore: un social thriller con la non troppo amata Pescara attuale sullo sfondo?
Hai proprio ragione. Mi piace la definizione di “social thriller“. Aggiungo solo che ritengo Pescara una città che mi piacerebbe non fosse entrata, per varie ragioni, nella mia vita. Ma va bene così, era scritto, probabilmente.
Pagina dopo pagina, in “Nero” si manifestano verità ultime che sempre sfuggono, o forse, che si preferisce non scoprire, temendo di trovare in esse anche la propria. Giuliani costringi il lettore a una scelta decisiva: continuare a seguire le tracce, conducendo una vita di impulsi e razionale furbizia, emancipandosi da una vita destinata alla solitudine, oppure tentare finalmente un’autenticità limpida, faticosa, una coerenza negli affetti, una lealtà che tuttavia pare ormai di non poter recuperare votandosi ad un’idea d’umanità – proprio perché socialmente determinata – non edulcorata, mai pregna solo di buone intenzioni o di mercantile redenzione. Ho interpretato bene?
Talmente bene che mi piacerebbe che mi scrivessi un’ampia recensione. Non mi permetto di dire che io sia riuscito in quello che tu metti in evidenza, ma certamente ve ne era l’intenzione.
In contrapposizione al noir, quando le indagini raccontate portano all’individuazione e all’eventuale punizione del colpevole dei crimini narrati, l’intreccio di “Nero – Dramma in provincia” lascia vedere altro, quell’altro che colora l’esistenza di ciascun protagonista del dramma esistenziale. Un cammino narrativo che conduce dal male al bene ed anche, viceversa, dal dolore del male all’accettazione della personalità sociale che codetermina gli Io. È così nelle tue intenzioni?
Non avevo un’intenzione precisa, all’inizio, ma credo che alla fine sia venuto fuori proprio quello che tu sottolinei. Una volta scritta, infatti, la prima scena, è stato come se si aprisse una diga. I tre capitoli di “Nero”, secondo alcuni tre brevi romanzi, in verità, sono stati scritti in meno di 20 giorni. Ovvio che poi vi sia stato un lavoro attento e artigianale, uso questo termine con orgoglio.
Sempre a proposito del nuovo libro “Nero – Dramma in provincia” appena presentato a Pescara (17.02) ed uscito a Febbraio che cosa puoi dirci che non sia stato già detto dai recensori?
Che era nato per essere letto ad alta voce. Era la mia aspirazione più vera, ma non ho accesso alle sacre porte della radio.
A proposito di nuove idee e progetti, qualcosa è trapelato, come sta andando la stesura della nuova silloge? Puoi fornire, donare qualche anticipazione? Che collegamenti ha con le altre prove d’autore? Il ruolo di Professore l’hai dismesso? Puoi parlarne in dettaglio?
Il poemetto che sto scrivendo parte da alcuni stimoli della lingua e cultura islandese, altra mia passione ancora “in atto” e segue il percorso iniziatico di un viandante alla ricerca di se stesso. Il titolo è “Poema minimo”; è un poema in realtà non tanto minimo, visto che consta già, a oggi, di 842 versi. Racconta l’itinerario mentale, tra sentieri diritti e ritorni improvvisi, di un viandante in cerca di risposte che sa già che non troverà mai. Eppure, sente che l’essenza della vita, la sua stessa individualità, dipendono proprio dal cercare, indipendentemente dalla fiducia nell’esito. C’è influenza della lingua e della cultura norrena, di cui sono appassionato, ma anche l’eco della mia ineliminabile curiositas per tutto ciò che non conosco. Non l’ho scritto nel curriculum, ma sto studiando anche l’islandese.
Se si sceglie la professione di insegnante per un forte bisogno interiore, si resta professori per la vita. È così per me. Ho rifiutato di occuparmi di un’azienda di costruzioni elettriche e telefoniche, di famiglia, per ESSERE, non “fare” il professore di lettere. Continuo con corsi di scrittura e laboratori vari, smetterò solo se le circostanze me lo imporranno.
In merito alla professionalità docente pensi che si possa aprire a nuovi orizzonti anche mentali nella scuola di oggi?
Sono pessimista. DEVE aprirsi, ma ci sono forti resistenze in chi ha scelto la comoda routine invece che il mettersi ogni giorno in gioco. Così, la vita scolastica diventa spesso vuota ripetizione, senza che si voglia (non dico “si riesca” perché spesso ne manca l’intenzione) darle vita aiutando giovani menti a trovare se stesse.
Usi dei programmi o tecniche di scrittura creativa per realizzare i tuoi progetti?
Assolutamente no. La stessa parola “creativa“, associata a “scrittura” è per me quasi inconcepibile. La creatività non si apprende e i programmi-guida per la composizione, quasi tutti americani, tendono a costruire stereotipi. Custodisco in me l’antica vocazione all’artigianato, al limare quella improvvisa esplosione nella mente che è un primo verso o un’idea.
Quali sono i libri o documenti che approfondisci o che leggi come interlocutori dello sviluppo del tuo pensiero letterario?
Non so rispondere. Sono un lettore vorace, credo di averlo già detto, ho letto più di duemila libri e a casa ne ho ancora 2-300 da leggere. Oltre a ciò, ho cercato esperienze di vita che mi insegnassero a “stare” nel mondo e tra le persone. Ho una fortissima e incancellabile vocazione alla condivisione e, già detto da altri, non so essere “felice” se vedo qualcuno che non lo è. Bisogna lottare perché tutti abbiano uguali possibilità. Si viene spesso sconfitti, ma la lotta, in questo senso, ha comunque valore di per sé.
Un’ultima domanda: cosa pensi degli scrittori italiani contemporanei viventi e, più in generale, dell’attuale produzione letteraria nazionale?
Se si riesce a distinguere il libro da supermarket e a isolare quello che nasce da un vero bisogno di scrittura e di espressione, probabilmente si riesce a trovare anche molto di buono, ma nessun discorso sul libro può prescindere da considerazioni sui canali e sulle motivazioni commerciali, sull’accesso ai mezzi di comunicazione, insomma a molto di ciò che circonda la scrittura e che spesso, a mio parere, la mortifica riducendola a una splendida confezione senza però vero contenuto.
Termina questa lunga chiacchierata con Giancarlo Giuliani che ringrazio pubblicamente, anche a nome del team di Mentinfuga, per avermi concesso un po’ del suo tempo.
Giovanni Dursi
Chiunque voglia approfondire e discutere con Giancarlo Giuliani può mettersi in contatto con lui tramite il suo web site Verb-um (http://www.giulianigiancarlo.it/).
Bibliografia dell’autore
Dentro e oltre le parole (antologia/rapporto), Palermo 1980
Quotidiano indicibile (antologia/rapporto), Palermo 1980
Quale immagine? (Note sul ruolo della fotografia nella società attuale), Pescara 1980
Ulisse non è mai partito (poesie), Roma 2008
Liber Alchemicus (poesie), Pescara 2010
Libro Perduto (poesie), Pescara 2011 (in parte tradotto in lingua rumena)
Bisturi (Radiodramma in 30 quadri), Pescara 2011 (ora in Nero (Dramma in provincia), Tabula fati, Chieti 2017)
Caos Ipermetrico (poesie), Tabula fati, Chieti 2012
Diospolis. Una storia del VI secolo a.C., Tabula fati, Chieti 2013
Nel mio regno non vi sono filosofi (poesie), Tabula fati, Chieti 2017
L’ombra di N. (Radiodramma in 26 quadri), Tabula fati, Chieti 2014 (ora in Nero, Tabula fati, Chieti 2017)
Nemesis. Una storia del mondo antico, Tabula fati, Chieti 2016
Nero (Dramma in provincia), Tabula fati, Chieti 2017
Traduzioni:
Alano di Lilla, Quasi Liber, IkonaLiber, Roma 2013
Alano di Lilla, De Planctu Naturae, IkonaLiber, Roma 2013 (e-book)
Arthur Schnitzler, Der Schleier der Pierrette, IkonaLiber, Roma, 2014

By mentinfuga - Marzo 2018