menti in fuga - le voci parallele

menti in fuga - le voci parallele / menti critiche / @Giovanni_Dursi / Atomi reticolari delle "menti critiche", impegnati nella trasformazione sociale e "messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale"

mercoledì 11 aprile 2018

Pensiero critico - Media education, come creare il “cittadino scientifico” nella società digitale

La Media Education concorre alla formazione del “cittadino scientifico” della network society proprio perché l’uso delle nuove tecnologie deve comportare un’attitudine critica e riflessiva nei confronti delle informazioni, l’uso responsabile dei mezzi di comunicazione, un interesse a impegnarsi in reti con scopi culturali.

Il pioniere degli studi sulla comunicazione sociale e precursore del World Wide Web, Marshall McLuhan, circa la non neutralità dei mass media affermò cheil medium è il messaggio” [1]. In altri termini: un insieme di risorse informative che la rete rende disponibili prevede una comunità di individui che usa consapevolmente Internet per comunicare, informarsi, apprendere ed effettuare transazioni; prevede un’organizzazione culturale delle conoscenze e competenze, immanenti all’insieme di risorse informative rese fruibili dalla rete, che possa esprimersi in modalità coscienziali.

La network society e le contraddizioni tra “pensiero” e “applicazioni”

Le contraddizioni tra procedure, tecnica (funzionalità) e pensiero critico (abilità che permette di indagare cercando riscontri oggettivi e di verificare le informazioni acquisite, di valutare e interpretare dati e esperienze al fine di giungere – autonomamente – a conclusioni chiare e precise), tra “efficacia operativa” e “razionalità” e, generalizzando, tra “lavoro manuale” e “lavoro intellettuale”, non sono storicamente una novità. Tuttavia, l’asse portante dell’attuale network society, sembra divaricare in modo accentuato la “fruizione” dal “senso”, il “lessico” dalla “semantica”, permeando le relazioni sociali con la peculiare dicotomia, pedagogicamente nociva per lo sviluppo culturale della società, tra le “abilità” e le “esperienze della riflessione”.

Nella contemporaneità, essere edotti sull’evidente contraddizione tra il “pensiero”, generato e sostenuto dal sistema tecnico-economico, e le “applicazioni” è di fondamentale importanza per saper valutare le informazioni che si vogliono gestire e ben progettare le azioni che si intendono intraprendere. Si tratta non di una velleitaria singola life skills, ma di un insieme organico di sotto skills che portano il soggetto a saper svolgere diverse operazioni:
  • la chiarificazione come capacità di vagliare e mettere a fuoco la questione e attribuire ad essa un significato
  • l’analisi come capacità ad articolare la problematicità della questione nei suoi aspetti diversi, analizzandone anche i punti impliciti
  • la valutazione, il saper accertare il valore delle fonti di informazione verificandone l’attendibilità, l’accordo tra esse, la credibilità
  • l’influenza come capacità di ampliare i dati di partenza, tramite inferenze e deduzioni
  • il controllo come abilità nel saper monitorare il ragionamento durante tutto il processo

Capacità di critica e gestione delle tecnologie: la Media Education

L’assenza della capacità di critica – nel campo dell’I. C. T. – si rileva, esemplificando, nella scarsa considerazione delle derive mercantili indotte dall’obsolescenza programmata, quella strategia produttiva che causa la “svalutazione economica di un bene o di uno strumento di produzione derivante dal progresso scientifico e tecnologico che ne fa immettere continuamente sul mercato di nuovi e più sofisticati”. Esercitare la critica, viceversa, vuol dire discernere, distinguere consentendo alla mente di suddividere gli oggetti di pensiero in ricevibili e non-ricevibili, di produrre rappresentazioni attendibili della realtà, di non cedere alla logica che rende precocemente obsoleto ciò che ha un ciclo di vita più esteso [2].
Il ragionamento allude ad una necessità storico-sociale: conciliare le prassi sociali di produzione e consumo (comprese le innovazioni tecniche) con lo sviluppo cognitivo e di personalità individuale e collettiva per definire in modo rigoroso una persona come digital-addicted.
La conoscenza e la capacità di padroneggiare e gestire strumenti tecnologici non è scindibile dalla capacità di veicolare ed interpretare i contenuti che vengono trattati con i diversi media, dai libri (strumenti quest’ultimi ben lontani dallo scomparire, anche perché spesso valido antidoto a certa superficialità mediatica) ai mezzi digitali.
Il potenziale scientifico insito nella riorganizzazione odierna dei sistemi di produzione  e riproduzione della formazioni economico-sociali ha posto le basi allo sviluppo delle reti di telecomunicazione, alla nascita dei circuiti integrati e dei microprocessori, allo sviluppo dei protocolli di comunicazione digitale e, infine, all’avvento di interNET (come infrastruttura di telecomunicazioni) e del WEB (come ragnatela di contenuti digitali legati tra loro attraverso collegamenti ipertestuali), ma non ha innescato contestuali percorsi di “cittadinanza scientifica”.
È così emersa la network societycome forma dominante di organizzazione socio-economica della nostra epoca -, ma ancora tardano ad apparire i “cittadini scientifici” essendo deficitari della consapevolezza necessaria nel distinguere l’alfabetizzazione digitale dell’essere online dal saper usare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informatica (TSI) in ambito lavorativo, comunicativo e nel tempo libero; nell’essere consapevoli di come le TSI possono incentivare la creatività e l’innovazione; nel comprendere le problematiche legate all’efficacia delle informazioni disponibili e dei principi giuridici ed etici che si pongono nell’uso interattivo delle TSI.
La Media Education [3] trova oggi il terreno di intervento nel concorrere alla formazione del “cittadino scientifico” della network society proprio perché l’uso delle TSI deve comportare – evitando “passività”, “alienazione”, “subalternità” -, un’attitudine critica e riflessiva nei confronti delle informazioni disponibili, l’uso responsabile dei mezzi di comunicazione interattivi, un interesse a impegnarsi in comunità e reti con scopi culturali, sociali e/o professionali.
È noto che esiste «una vera e propria funzione attiva o formativa messa in atto dai media sul pubblico, perché, al di là della discordanza tra le teorie degli effetti dei media, non si può dubitare del fatto che essi abbiano la capacità di trasmettere messaggi, fornire modelli di comportamento, mettere in risalto opinioni e valori» [4]; non è altrettanto chiaro che su questa dimensione empirica si debba innestare un’intenzionalità socializzatrice nonché d’istruzione e di coerenti percorsi curricolari didattici, educativa e formativa; non è del tutto condivisa la necessità di  introdurre processi semplici e lineari riassumibili in due cardini: “orizzontalità” e “knowledge experience”.

Media Education, media literacy e pensiero critico

L’attuale tematizzazione culturale e pedagogica della Media Education, a partire dall’uso stesso di questa efficace dizione, si deve a Len Masterman nei primi anni Novanta, collocandosi in una zona di incrocio fra Cultural Studies ed “educazione attiva”, il concetto di “Sistema formativo” e di educazione alla cittadinanza. L’aspetto  più recente della Media Education risiede nella sua identità epistemologica che tiene insieme l’alfabetizzazione (media litercy) e il “pensiero critico”, l’educazione dei soggetti come fruitori e come produttori di messaggi, la multimedialità come ricombinazione degli elementi della dimensione extragenetica, artificiale, culturale della condizione umana, come “attualità antropologica” che incorpora una strategia didattica pervasiva dove i media di longeva configurazione e nuova generazione interagiscono nei processi di socializzazione e, precipuamente, d’insegnamento e apprendimento [5].
Conseguentemente, l’orizzonte della Media Education non è riducibile al solo fare qualche “buona esperienza” utilizzando una certa strumentazione tecnologia, ma a come l’organizzazione sociale e le istituzione delegate alla formazione sono in grado di assumere i media come parte integrante della propria fisiologia d’inclusione sociale e di metodologie apprenditive, investendo risorse e competenze per migliorare la formazione nelle conoscenze e nelle competenze di cui la scuola ha la prerogativa pedagogica [6]. La Pedagogia della Media Education mette in evidenza la necessità di uscire dal paradigma difensivista, tipico di una cultura che vedeva nei media soprattutto i caratteri dell’aggressione culturale. La Media Education [7] oggi si propone come strategia di empowerment, di emancipazione culturale, persino di uscita dalla subalternità d’una gerarchia sociale cristallizzata.

La Media Education e l’oligarchia delle produzioni digitali

Ancor più efficace il ruolo della Media Education risalta quando si osservano fenomeni costitutivi d’una nuova e potente oligarchia planetaria delle produzioni digitali [8]. InterNET ne rappresenta l’intelaiatura, e i suoi utenti, vale a dire circa tre miliardi di persone, la forza lavoro utilizzata. Le nuove tecnologie digitali fanno ormai parte della nostra vita quotidiana, le portiamo addosso e controllano tutti gli ambienti della vita sociale, dai luoghi di lavoro ai templi del consumo. La Media Education propone una riflessione sui dispositivi attraverso i quali questa oligarchia e queste tecnologie catturano e colonizzano l’immaginario umano a fini di profitto economico e di controllo sociale. Può mettere in luce il risvolto di tutto ciò, ovvero l’emergere di una nuova e impercepita sudditanza di quel popolo virtuale che, riversando ingenuamente messaggi, fotografie, selfie, ansie e desideri su piattaforme e social-network, contribuisce con le sue stesse pratiche a rafforzare forme di dominio, discriminazioni, esclusione scoiale. Non conosciamo ancora le conseguenze sui tempi lunghi di questo ulteriore passaggio del modo di produzione di beni e servizi Chiara invece appare la necessità di immaginare pratiche di decolonizzazione personale e collettiva per istituire nei luoghi ordinari della vita varchi di liberazione dall’ignoranza.
Ripercorrendo la micro-fisica dei processi innescati dai dispositivi digitali che mediano l’attività lavorativa – smartphone, piattaforme, sistemi gestionali, registri elettronici – si esplorano alcune metamorfosi radicali che, mentre rovesciano il rapporto millenario tra gli umani e i loro strumenti, sconvolgono ciò che fino a ieri è stato chiamato familiarmente chiamato “lavoro”. Alcuni territori chiave – la digitalizzazione della scuola, della professione medica, dei servizi, dei trasporti condivisi, dei grandi studi legali e delle banche – assunti come analizzatori, raccontano l’impatto trasformativo delle nuove tecnologie e il disorientamento dei lavoratori. Ma, nello stesso tempo, fanno emergere le linee su cui questo processo procede: la cattura degli atti, la dittatura dei dati, il trionfo della quantità e le narrazioni sostitutive con cui esso si racconta. Eventi di stringente attualità.
Proprio riflettendo su queste tendenze che velocemente attraversano la condizione umana fino al punto di chiamare in causa il singolo, infine, la Media Education può intervenire con efficacia per contrastare quattro pericolose tendenze generali – l’autismo digitale, l’obesità tecnologica, l’ethos della quantità, lo smarrimento dei limiti – e si chiede se non sia forse giunto il momento, dopo le ambigue interpretazioni del Novecento, di cominciare a distinguere il progresso sociale dal progresso tecnologico [9].

Note
[1]  Cfr. Understanding Media: The Extensions of Man, 1964.
[2] Cfr. A. Maestri, F. Gavatorta, Content evolution. La nuova era del marketing digitale, FrancoAngeli Edizioni, 2015.
[3] La Media Education è un’attività, educativa e didattica, finalizzata a sviluppare una informazione e comprensione critica circa la natura e le categorie dei media, le tecniche da loro impiegate per costruire messaggi e produrre senso, i generi e i linguaggi specifici, in grado di orientare verso l’uso consapevole dei media e dei dispositivi tipici dell’Information and Communications Technology.
[4] Rif. a D. Felini, Pedagogia dei media, Questioni, percorsi e sviluppi, Editrice La Scuola, Brescia, 2004.
[5] Cfr. a cura di R. Farné, Le buone pratiche di Media Education nella scuola dell’obbligoUna ricerca empirica in Emilia-Romagna, 2010; reperibile al link: http://www.corecomragazziemiliaromagna.it/pdf/media_education.pdf
[6]Op. cit.  Le buone pratiche di Media Education
[7] Rif. J. Gonnet, Educazione, formazione e media, Armando, Roma, 2001. P.C. Rivoltella, Media education. Modelli, esperienze, profilo disciplinare, Carocci, Roma, 2001. D. Buckingham, 2006, Media education. Alfabetizzazione, apprendimento e cultura contemporanea, Erikson, Trento, 2006.
[8]Approfondite analisi su questi temi sono contenute in R. Curcio, L’IMPERO VIRTUALE – COLONIZZAZIONE DELL’IMMAGINARIO E CONTROLLO SOCIALE, Sensibili alle foglie, 2015; a cura di R. Curcio, L’EGEMONIA DIGITALE – L’IMPATTO DELLE NUOVE TECNOLOGIE NEL MONDO DEL LAVORO, Sensibili alle foglie, 2016; R. Curcio, LA SOCIETÀ ARTIFICIALE – MITI E DERIVE DELL’IMPERO VIRTUALE, Sensibili alle foglie, 2017.
[9] Cfr. opere citate in nota 8.
Fonte: 
AGENDA DIGITALE

Contributo per una didattica innovativa

PNSD, così il blog a Scuola aiuta studenti e insegnanti

Fruibilità online ed offline di materiali strutturati, registrazione di informazioni e contenuti multimediali, catalizzazione collettiva di conoscenze condivisibili: l’uso didattico del blog stimola l’uso della rete, la scrittura creativa, l’interazione e la cooperazione. Ecco come servirsene per innovare la didattica.

È possibile realizzare blog, nell’ambito delle azioni del Piano Nazionale Scuola Digitale, per la condivisione di materiali didattici in formato digitale a garanzia d’una più proficua e funzionale informazione e formazione, da consultare per approfondire l’utilizzo di alcuni tool web 2.0 per la creazione di Learning Objects in direzione della didattica per competenze.
Il blog, per sua configurazione tecnica, può essere in continua implementazione e tutto il corpo docente può utilizzarlo a fini educativo-didattici. Pubblicabili, su questo particolare spazio web, anche best practices per valorizzare le risorse creative delle classi in grado di ideare, progettare e realizzare blog inter-trandisciplinari permettendo un’orizzontalità originale delle attività d’insegnamento e d’apprendimento. È possibile ritenere che, per le caratteristiche tecniche e culturali intrinseche, il weblog – prodotto ipertestuale della comunicazione formativa – esprima l’intera morfologia delle rete: fruibilità online ed offline di materiali strutturati (FaD), registrazione di informazioni e contenuti multimediali, catalizzazione collettiva di conoscenze condivisibili.

Blog, formazione e innovazione

Con l’Azione #25 – Formazione in servizio per l’innovazione didattica e organizzativa del PNSD si può prevedere una valorizzazione dell’esperienza pluriennale nelle molteplici iniziative della blogger community:
  • formazione come accompagnamento e aggiornamento, come progetto formativo e non mera erogazione di corsi;
  • stabilità, continuità, sostenibilità e verifica qualitativa della formazione effettuata, attraverso un rinnovato sistema di reti formative territoriali;
  • formazione su una molteplicità di modelli metodologici confortati dal confronto europeo e internazionale;
  • indirizzo nazionale e regionale della formazione rispetto agli obiettivi del Piano, ma dando un ruolo ai territori, permettendo alle migliori innovazioni di esprimersi e consolidarsi;
  • ruolo importante, grazie anche all’animatore digitale (vedi Azione #28), per la formazione interna alla scuola, sulla base dei bisogni comuni e lo stimolo alla partecipazione nelle attività formative.
E’ noto che l’uso didattico del blog costituisce tanto nel contesto internazionale (rif. Richardson, 2006) quanto nel contesto italiano (Mancini e Ligorio, 2007; Fiore e Formiconi, 2008; Bruni, 2009; Friso, 2009) un’esperienza consolidata che ha portato da tempo al formarsi di comunità ampie e attive. Grazie alla sua pervasività sta compiendo un’azione integrativa nel patrimonio delle conoscenze basilari di ogni giovane europeo della “cultura digitale” dando piena attuazione al piano eEurope che ha avuto inizio diciassette anni or sono.
Le azioni del PNSD possono essere incanalate – con apposite iniziative blended learning – nel consolidamento della figura professionale dei docenti quali formatori per la didattica della comunicazione in grado di:
  • progettazione didattica e comunicazione di prodotti culturali attraverso l’uso di linguaggi e strumenti multimediali;
  • progettazione e impiego di strumenti e strategie di valutazione che prevedono l’integrazione di linguaggi multimediali;
  • attivazione di processi di analisi dei testi mediali e multimediali;
  • progettazione e gestione di un curriculum multimediale nel sistema-scuola;
  • gestione di attività di monitoraggio e valutazione di un processo formativo
Si osserva che «il blog […] si trova in una fase di necessaria ri-definizione a fronte della pressione di nuove piattaforme web, come Twitter, Plurk, Facebook, Flickr, Friendfeed […] la progressiva specializzazione discorsiva delle diverse interfacce citate prefigura già un declino del genere blog a fronte del nostro interrogarci sulla sua ascesa» (Festi, 2009, p. 26). Va indubbiamente preso atto di come gli utenti della rete – principalmente le nuove generazioni, ma non solo – trovino il loro spazio più in servizi di social networking come Facebook piuttosto che nel blog. Non si tratta né semplicemente di recepire il successo più o meno momentaneo di uno strumento o di un servizio, né di difendere in modo aprioristico un «genere» come il blog, ma di cogliere eventuali nuove potenzialità in termini di processi di apprendimento e insegnamento.

Il blog contro il knowledge divide per una didattica innovativa

L’idea di sviluppare la “cultura digitale” anche attraverso la sollecitazione di peculiari competenze (qualsiasi progetto di copywriting per il web e inserimento di articoli in back office richiede tempo e padronanza) trova radicamento nella duplice esigenza di 1) contrastare il fenomeno del knowledge divide e 2) avvicinare gli insegnanti all’uso delle soluzioni sistemiche di e-government messi a disposizione on line dalla Pubblica Amministrazione.

L’alfabetizzazione informatico-telematica e l’informazione tecnica sulla gestione professionale e sociale dei new media rappresentano oggi i due bisogni fondamentali, prioritari a cui dare una risposta in sede di pianificazione dell’offerta formativa. Si intende colmare tale gap con 1) capillare organizzazione nel territorio di attività formativa corsuale e non, inerente l’alfabetizzazione multimediale e digitale degli insegnanti – uso curricolare dell’I.C.T. – e con 2) realizzazione di mirate iniziative sperimentali di formazione tarate sulle competenze digitali (graduale allineamento degli skill professionali agli standard internazionali, miglioramento della produttività del sistema scolastico).
Si tratta di fornire ai docenti in servizio gli strumenti per gestire e diffondere l’apprendimento online tra gli studenti e modalità di didattica innovativa tra insegnanti. Il Blog è uno spazio della rete che consente a tutti di pubblicare contenuti in modo facile e veloce: si realizza in poco tempo, anche senza avere alcuna nozione tecnico-informatica, e si gestisce ed aggiorna con altrettanta semplicità. Inoltre, l’uso didattico del Blog consente di integrare (convergenza digitale) efficacemente applicazioni, dispositivi e diversi linguaggi espressivo-comunicativi innescando processi di ricerca, creatività e produzione di contenuti multi-inter-transidisciplinari originali da parte dei gruppi Classe (studenti, docenti e, auspicabilmente, figure genitoriali).
Poiché l’uso didattico del blog stimola il servirsi della rete, la scrittura creativa, l’interazione e la cooperazione, sollecita attività di studio, raccolta, pubblicazione sul web di ricerche e materiali, genera cooperazione nel problem solving, condivisione e confronto di esperienze cognitive e relazionali, migliora la comunicazione tra scuola e famiglia-insegnanti, studenti, genitori, promuove la condivisione di risorse didattiche e lo scambio di conoscenze tra docenti, sviluppa una didattica di supporto per gli alunni dsa o non italofoni, integrativa di quella curricolare, accresce l’efficienza delle attività di recupero e di avanzamento integrative di quelle curricolari, migliora le attività di supporto per alunni impossibilitati a frequentare regolarmente, consente d’organizzare e distribuire materiale didattico in formato digitale, permette di valutare l’apprendimento mediante modalità interattive, fornisce supporti didattici per lo svolgimento dei compiti a casa, promuove la conoscenza (rif. costruttivismo) ed un uso consapevole dell’ICT tra studenti, promuove il loro utilizzo tra docenti, favorisce forme di collaborazione e di condivisione di contenuti o di esperienze tra docenti e studenti, può essere proposta alla comunità professionale la partecipazione a mirate iniziative d’aggiornamento. Un inerente piano mirato  trova negli Uffici scolastici regionali gli “agenti” promotori di questa ulteriore innovazione.
Un piano mirato ha come focus presentare, in modo comprensibile e pratico, una struttura d’unità di apprendimento (1) che scuole di diverso ordine e grado adottano nei rispettivi Piani triennali dell’offerta formativa – vagliati in sede collegiale e dai Consigli d’Istituto – nell’ambito dell’Information and Communication Technology (2) correlate ad una fruizione didattica inter-transdisciplinare. Tale piano 1) si avvale della collaborazione professionale dei Docenti Animatori digitali e dei Team per l’innovazione 2) è ispirato alle Indicazioni nazionali per il primo ciclo d’istruzione e per i Licei, così come alle Linee guida per gli Istituti tecnici e professionali, che articolano i risultati di apprendimento per competenze (3), 3) rappresenta un programma per la formazione culturale specialistica e per le competenze digitali, definendo come proprio target privilegiato di riferimento, ma non esclusivo, i professionisti in servizio presso le scuole (e per la formazione dei futuri), con l’obiettivo d’acquisizione, consolidamento e integrazione delle competenze digitali per la crescita professionale, l’allineamento degli skill agli standard internazionali, il miglioramento della produttività del sistema scolastico.
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Note
1 L’UdA è intesa come evento formativo che si realizza nel rispetto di un insieme di indicazioni metodologiche e si avvale di alcuni documenti e strumenti operativi; un insieme, coerente ed organico, di indicazioni metodologiche, un metametodo volto a promuovere la trasformazione delle capacità di ciascuno nelle sue competenze, tramite la valorizzazione delle conoscenze e abilità. Pertanto, le UA, individuali, di gruppi di livello, di compito o elettivi oppure di gruppo classe, sono costituite dalla progettazione: di uno o più obiettivi formativi tra loro integrati (definiti anche con i relativi standard di apprendimento, riferiti alle conoscenze e alle abilità coinvolte); delle attività educative e didattiche unitarie, dei metodi, delle soluzioni organizzative ritenute necessarie per concretizzare gli obiettivi formativi formulati; delle modalità con cui verificare sia i livelli delle conoscenze e delle abilità acquisite, sia se e quanto tali conoscenze e abilità si sono trasformate in competenze personali di ciascuno.
2 Insieme delle tecnologie che consentono il trattamento e lo scambio delle informazioni in formato digitale (tipicamente: codifica di circuito o dispositivo che può variare solo per un numero finito di livelli o stati, come per esempio 0 e 1).
3 La definizione di riferimento delle competenze è quella data nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 Aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (2008/C 111/01): “Comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia”.
Fonte: 
AGENDA DIGITALE